Come migliorare la sostenibilità negli stadi: Intervista a Mario Rucano

Mario Rucano è autore del libro “Give Back – 11 Storie di Calcio Socialmente Responsabile”, in collaborazione con Valentino Cristofalo e Stefano D’Errico (Community Soccer Report) .

Negli ultimi anni è sempre maggiore l’attenzione alla sostenibilità ambientale nel mondo del calcio. Moltissime squadre hanno iniziato a ristrutturare i propri stadi con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale. Secondo lei in Italia quali Società si sono mosse meglio? Chi ha realizzato iniziative più significative?

Anzitutto mi piace sottolineare la frase “ristrutturare i propri stadi con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale”: a qualcuno potrebbe far sorridere o storcere il naso perché il modo migliore per ridurre l’impatto ambientale potrebbe essere quello di non costruire niente. In realtà la questione è un po’ più complicata, costruire uno stadio o un impianto sportivo in linea generale, a mio parere, ha 2 tipi di impatto: uno a breve termine che coincide con la fase della costruzione del manufatto, e un impatto a lungo termine che coincide con la vita del bene stesso. Secondo me è proprio in quest’ultimo caso che si gioca la partita della sostenibilità ambientale, cioè realizzando degli impianti e degli stadi che, una volta a regime, possono essere meno impattanti sull’ambiente, soprattutto se paragonati a quelli di cui dovrebbero prendere il posto.  Per tornare alla domanda, dovrei rispondere banalmente che si sono mosse meglio le Società che oggi hanno un impianto di proprietà. A mio parere, la sostenibilità non si raggiunge solo con la costruzione del nuovo impianto, ma soprattutto con i servizi, che poi lo rendono fruibile da parte della comunità. So per esempio che il progetto dell’Udinese, che pure ha sottoposto lo “Stadio Friuli” ad una corposa ristrutturazione, non è ancora ultimato: ci sono una serie di idee per rendere lo stadio vivo e operativo sette giorni su sette, che per tanti motivi non sono state ancora ultimate. Quello è un progetto che, secondo me, dà un senso all’idea. Credo di poter dire con certezza che considerare uno stadio o un impianto sportivo del terzo millennio solo come un “catino” da riempire 2 ore a settimana è una visione superata ormai, antistorica. Quindi avanti tutta con i progetti di costruzione o ristrutturazione di impianti, ma occhio sempre al disegno complessivo, come direbbero quelli bravi alla vision, che quindi deve includere i servizi che lo rendono sempre più utilizzabile.

La FIFA ha pubblicato le nuove linee guida per i criteri infrastrutturali degli stadi 2023 dove si fa riferimento alla sostenibilità ambientale degli impianti, quali potrebbero essere delle buone iniziative per migliorare la sostenibilità ambientale in uno stadio?

Il vademecum della FIFA che ho scorso un po’, come altri libri bianchi o documenti general-generici, è un concentrato di buon senso, mi verrebbe da dire alle soglie dell’ovvio. Però è necessario che documenti così programmatici partano dai massimi sistemi e arrivino a un manuale di istruzioni che possa risultare utile, soprattutto se guardiamo in casa nostra. In una delle prime raccomandazioni si invitano i Club e le Società Sportive ad identificare i portatori di interesse, i fantomatici stakeholders, e coinvolgerli quanto prima nel processo di sviluppo e di progettazione dello stadio. È molto importante che nella fase iniziale del progetto si sappia subito “chi vuole cosa”. Se invece guardiamo in casa nostra, per esempio al nuovo San Siro,  possiamo vedere come siano dovuti passare 2 o 3 anni prima che venisse convocato un dibattito pubblico a cui far partecipare diversi soggetti, ognuno con una pluralità di richieste. Forse quanto più si tarda a fare questa riunione tra attori, tanto più diventa complicato fare dei cambi in corsa. Stando alle ultime notizie, il progetto del nuovo San Siro sembra avviato su una strada senza uscita, ma immaginiamo che invece proceda su quel binario condiviso tra Inter e Milan fino a qualche mese fa: ecco, la consulta e il dibattito pubblico hanno fatto emergere – tra le altre – la richiesta di aumentare la capacità dell’impianto dopo che già si erano spesi centinaia di migliaia di euro in studi e consulenze per modellare uno stadio da 60-65.000 spettatori. Per cui le Linee Guida della FIFA sono da questo punto di vista una manna al cielo. Chiaramente bisogna scavare un po’ oltre quello che sembra la raccomandazione del buon padre di famiglia che dice “fate le cose per tempo, pensateci prima”, perché poi abbiamo visto che  queste raccomandazioni, per quanto banali e semplici, calate nelle realtà molto spesso non vengono seguite.

Per le partite casalinghe del Torneo internazionale di rugby che si sono svolte allo stadio Olimpico nelle ultime settimane, Roma Servizi per la Mobilità, con il patrocinio di F.I.R., Sport e Salute e Roma Capitale, ha messo a disposizione dei tifosi tutte le informazioni necessarie per raggiungere lo stadio in modo sostenibile, incoraggiando l'uso del trasporto pubblico, della bicicletta o il percorso a piedi. Secondo lei è giusto estendere queste iniziative anche negli altri stadi Italiani?

L’idea è quella, quando parlavo di servizi che rendono lo stadio fruibile mi riferivo proprio a questo. La situazione in Italia è così critica e così cronica che i margini di miglioramento sono enormi. Poi ogni iniziativa va pensata e condivisa e qui ritorniamo ai vari attori: un conto è dire “io Club che organizzo la partita incoraggio l’utilizzo del trasporto pubblico”, ma devo essere sicuro che il Comune ne sia al corrente e condivida questa idea. Cosa farà? Potrebbe potenziare il servizio, il Club stesso può mettere a disposizione dei mezzi aggiuntivi, studiare  percorsi di viabilità per evitare imbottigliamenti che paradossalmente potrebbero complicare, invece che snellire, il flusso. È un lavoro che, più che complesso, definirei variegato: ci sono tanti elementi che magari singolarmente sembrano intuitivi e semplici, che però si inseriscono in una rete di attività di tanti soggetti diversi: il coordinamento e la programmazione sono fondamentali.

Cosa potrebbero fare le Società Sportive per migliorare la mobilità che ruota attorno ad un evento sportivo?

Legare l’impianto sportivo, nuovo o vecchio che sia, ai servizi di mobilità è a mio parere cruciale. Faccio un esempio personale: frequento lo stadio di San Siro oramai da quasi quarant’anni e una cosa non è mai cambiata: dal momento in cui io arrivo allo stadio al momento in cui l’arbitro fischia il calcio di inizio, la Società non ha nozione di quel che faccio e dei soldi che spendo. I Club, di solito, non controllano i parcheggi, non controllano i furgoni o gli Street food che vendono da mangiare e da bere, solo di recente ci si è mossi contro la vendita di merchandising contraffatto vicino lo stadio, quindi c’è tutta una filiera, dove c’i è del valore, che al momento viene poco sfruttato. Limitandomi alla mobilità, penso a 2 soluzioni diverse. Da una parte incentivare l’utilizzo del trasporto pubblico con tutti gli accorgimenti di cui dicevamo prima: coinvolgere le municipalità e le aziende di trasporti locali. Dall’altra parte, torno a fare riferimento alla mia esperienza. Abitando fuori Milano, per me è comunque ancora più veloce e comodo muovermi in macchina, non perché sia un cattivo cittadino, ma perché ad oggi l’utilizzo dei mezzi è ancora troppo lento e, tra andata e ritorno, ci metterei un’ora in più. Ecco, per i tanti Mario Rucano, che comunque ancora non trovano conveniente o comodo muoversi con i mezzi pubblici, a mio parere il Club dovrebbe adottare quella che potremmo definire una terapia di riduzione del danno. Ad esempio, per tutti quelli che vengono in auto si potrebbe incentivare quel che gli americani chiamano car pooling: a chi usa una sola macchina per trasportare almeno tre o quattro persone, la Società potrebbe concedere degli sconti su alcuni prodotti che siano sia di Food and Beverage oppure relativi agli Store presenti allo Stadio. Esistono i geo-localizzatori o i QR Code, tante possibilità per dimostrare che quel gruppo di persone si è mosso insieme verso lo stadio con una sola autovettura. Chiaramente non c’è la soluzione che da sola fa strike e risolve tutti i problemi, bisogna intervenire da più parti. Aggiungo inoltre che nella nuova concezione degli impianti sportivi c’è un altro tema che è comune a tutti i Club, ovvero quello di aumentare la permanenza del tifoso all’interno dell’impianto. Proporre servizi e intrattenimento prima e dopo la partita avrebbe effetti benefici anche sul traffico, visto che l’afflusso e il deflusso dallo stadio sarebbero più graduali. 

Quanto è importante l’apporto delle Istituzioni (come Comune, Scuole, Forze dell’Ordine, ecc..) per realizzare questi progetti?

Direi fondamentale, quando si parla di pluralità di soggetti, a seconda che si voglia partire dalla testa o dai piedi della piramide: si parte dalle singole persone che ad esempio popolano il quartiere e si arriva fino ai massimi gradi delle Istituzioni. Prima banalmente dicevo “Chi vuole che cosa?”, ma la domanda può essere vista anche come “Chi può dare che cosa?” Chiaramente la Società Sportiva potrà concedere e pretendere cose più semplici e banali rapportandosi al Comitato di Quartiere e “alzare la posta” quando si trova di fronte alla Federazione che sia Nazionale o Internazionale. Quanto più c’è un disegno che parte dall’alto e poi si estende ai piani inferiori della piramide, tanto più il progetto sarà organico e verosimilmente logico.

Riprendendo il suo libro “Give Back”, che supporto possono fornire i calciatori riguardo queste tematiche? Credi che possano essere il giusto “veicolo” da poter utilizzare?

I calciatori del 3° millennio hanno un potere social-mediatico incredibile; alcuni di loro decidono di utilizzarlo non solo per fini personali, ma anche come cassa di risonanza per iniziative di responsabilità sociale. Possono portarle avanti in prima persona oppure appoggiare quelle portate avanti da altri soggetti che beneficiano di questa visibilità. L’aspetto della logistica di uno stadio, o della mobilità di afflusso e di deflusso potrebbero sembrare temi lontani da ragionamenti e obiettivi quasi utopistici; in realtà alcune delle storie che raccontiamo nel libro hanno proprio nella tutela dell’ambiente il tema principale. Penso ad esempio a Morten Thorsby, ex calciatore della Sampdoria e attualmente in forza all’Union Berlino (Bundesliga Tedesca): lui è un sano “rompitore di scatole”, nel senso che in tutti i Club in cui lui ha giocato, a partire dall’Olanda ma anche in Italia e ora in Germania, ha sempre stimolato i propri Club ad adottare delle pratiche che sembrano banali da sole, ma che messe insieme fanno una certa differenza: installare pannelli solari nei centri di allenamento, o l’uso massiccio di raccolta differenziata e di gestione responsabile dei rifiuti, limitare l’uso della plastica. Io penso che la visibilità di cui godono e di cui certe volte sono anche vittime i calciatori oggigiorno sia un’arma potentissima: si tratta di metterla a disposizione anche di tematiche di responsabilità sociale e di sostenibilità.

Sapendo che la maggioranza degli stadi italiani è di proprietà comunale, quale priorità suggerirebbe ai club italiani per iniziare a lavorare sulla sostenibilità? E sui centri sportivi di allenamento?

Anche in questo caso è bene agire su 2 fronti: i centri di allenamento sono spesso di proprietà dei Club e quindi vi è un raggio di azione più ampio; ogni centro avrà le sue peculiarità, ma alcune tematiche sono comuni a tutte. Il centro di allenamento avrà fabbisogni energetici diversi rispetto a quelli di uno stadio, probabilmente ridotti e sicuramente più costanti senza tanti picchi; per cui energia e acqua sono due macro-punti che terrei sempre in considerazione per affrontare qualsiasi miglioria. Tornando agli stadi, anche senza esserne proprietari, i Club sono comunque coinvolti nella gestione operativa del cosiddetto match day, e quindi mi vengono in mente domande a scelta nell’ordine: “Come avviene la selezione dei fornitori di cibo e bevande? Come si gestisce quel flusso di merci pre-match e rifiuti post-match? Cosa ne è del cibo avanzato dei buffet delle varie zone Hospitality, laddove esistano? O anche semplicemente del cibo avanzato dai bar dello stadio?”. Sono tutti quesiti che valgono dallo stadio di San Siro fino ad arrivare al campetto di provincia, chiaramente in scala diversa. Trovare soggetti che ritirino il cibo e le bevande che sono ancora consumabili e riescano a rimetterle in circolo, fa parte della gestione sostenibile di un impianto sportivo o di un evento, e l’aspetto di puro altruismo e di beneficienza secondo me è solo una parte di questo quadro. Io storco un po’ il naso quando sento dire “che brave quelle Società che fanno beneficenza, o fanno la carità facendo queste cose”. Non sono solo semplici scelte di cuore: certo è lodevole questa parte, ma anche il manager più cinico secondo me dovrebbe avere a cuore una gestione efficiente delle proprie risorse e del proprio magazzino.

La Lega Pro nella stagione corrente ha anticipato l’orario di tante partite ed eventi in programma, pensi che possa essere una buona idea per migliorare l’impatto ambientale evitando l’utilizzo dell’illuminazione artificiale? Moltissime tifoserie erano contrarie a questa decisione dello slittamento degli orari.

Per esempio si potrebbe incominciare non accendendo i fari per quelle partite che vengono giocate nei pomeriggi di sole: immagino venga fatto esclusivamente per scelte televisive. Detto questo, io capisco il giusto desiderio di minimizzare i consumi, è un classico caso di “trade off”, da una parte hai la tua tifoseria da soddisfare, dall’altra parte devi sempre regolarti con le spese da sostenere. Forse sarò un po’ romantico con la frase “il calcio è della gente”, ma in linea di massima le persone vanno messe nelle condizioni migliori per fruire dell’evento; quindi tendenzialmente organizzarlo quando la gente può esserci mi pare una buona cosa. Capisco quindi la reazione della tifoseria quando la partita viene fissata al mercoledì alle 15 e la maggior parte della gente è al lavoro e quindi impossibilitata a partecipare. Sicuramente l’attenzione ai consumi è molto importante, tanto quanto fondamentale è l’attenzione al tifoso. È difficile raggiungere un equilibrio tra queste due esigenze, ma l’alternativa a questo equilibrio è avere tifosi insoddisfatti o conti che non tornano. O, peggio ancora, entrambe le cose.

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Sostenibilità e Responsabilità nel calcio: Le strategie della Uefa e della Fifa e i possibili scenari futuri